Virgilio Piras è stato per 32 anni fotografo presso l’Istituto Etnografico di Nuoro. Ha affinato col tempo la tecnica in camera oscura formandosi con James Megargee, maestro della stampa Fine Art ed è stato introdotto al Zone System da Beniamino Terraneo. Ha partecipato a numerose esposizioni e ha realizzato il volume “Gente di Oliena” (Soter editrice, 2003); è coautore di diversi libri fra cui “La strada felice. Fotografia e paesaggio contemporaneo” (Soter editrice, 2005) e “Sardegna. 20 fotografi di feste e riti” (Carlo Delfino editore, 2021).
Giovanni De Angelis nato a Napoli, vive e lavora a Roma dal 1992. Si avvicina alla fotografia tradizionale appena adolescente e da subito sviluppa un forte interesse per la ricerca sulla percezione visiva: nel 2004, con “Luceveloce”, inizia uno studio che mira ad indagare le infinite potenzialità della luce e il suo interagire con i corpi. Tra il 2005 e il 2006, in una dimensione che oscilla tra pittura e fotografia, prosegue la sua indagine con “Luce dissolve”, dove figure solitarie, immobili o in movimento, attraversano con le loro ombre fasci luminosi. Lo sviluppo della sua ricerca evolve verso un crescente interesse per gli aspetti della modernità, delle società e delle metropoli giapponesi e indiane, come dimostrano “Strade con pioggia”, “Sui iki” e “Churchgate”, lavori esposti in molte gallerie in cui l’interesse per la cultura orientale è colto con uno sguardo etno-antropologico. Il suo interesse per le metropoli continua poi con il progetto “Contemporary Districts” nelle città di Tokyo, Tel Aviv, Varsavia, e prosegue tutt’oggi ponendo i giovani e il loro contesto al centro della ricerca, alla scoperta di distretti urbani popolati da un’umanità in continuo cambiamento. Il lavoro di Giovanni De Angelis ricrea a volte le memorie di chi memoria non ha più, come nel caso di “Sansoni Elide”, progetto esposto nella collettiva ECC Ente Comunale di Consumo (2010). In uno degli ultimi progetti, “Water Drop” presentato al MACRO (Museo di Arte Contemporanea di Roma) Giovanni De Angelis affronta il tema della gemellarità da una doppia prospettiva, sociale e antropologica, slegandosi dall’idea del semplice reportage per giungere ad approfondire i temi dell’identità, dell’unicità dell’individuo e del suo rapporto con l’altro. È nel progetto ICKU (I Can Kill U) che De Angelis presenta una serie di ritratti di giovani lettoni nella loro vita privata e mentre imbracciano una pistola puntandola contro l’obiettivo. «[...] Tra il volume articolato di queste fotografie di ambiente e la linea dritta che unisce lo sguardo all’obiettivo nei primi piani armati di pistola c’è tutto lo spessore di una ricerca artistica e espressiva che in quattro netti movimenti, si concentra sull’identità (I), la libertà e il potere (CAN), la violenza come deriva della quotidianità (KILL) e la relazione con l’altro (you). ICKU = I CAN KILL YOU» (Costanza Paissan). Giovanni De Angelis matura un’interessante esperienza in qualità di assistente della famosa fotografa Elisabetta Catalano e in seguito a quel periodo ha inizio un progetto di ritratti di artisti visivi, fotografando prima la scena romana e poi In tutta Italia. È del 2015 infatti il primo progetto di ritratti di artisti contemporanei che trova compimento in un libro dal titolo “ART REWIND #1” (Maretti Editore) con un testo critico di Laura Cherubini. Il volume viene presentato nell’ambito della Biennale di Venezia nel 2015 a cui seguirà nel 2017 un’importante mostra personale presso il museo MACRO di Roma con Costantino D’Orazio direttore e con la cura di Laura Cherubini. Il progetto di ritratti d’artista prosegue negli anni e nel 2024/2025 verrà realizzato un nuovo volume editoriale.
nasce e vive a Oristano in Sardegna. Scrittrice di narrativa, poesia, testi teatrali, regista, cantora. Operatrice culturale. Cura laboratori di scrittura creativa e di propedeutica alla lettura orale. Collabora da anni con il Centro di Salute Mentale, la Biblioteca Comunale, il Centro Servizi Culturali della sua città. È presente in numerose antologie di racconti e di poesie. Con Il Maestrale ha pubblicato i romanzi: Undici (2008, nella rosa dei finalisti al Premio Calvino 2007); Mia figlia follia (2010, tradotto in Francia); Cenere calda a mezzanotte (2013); Il carro di Tespi (2016); A un garofano fuggito fu dato il mio nome (2019); Lampadari a gocce (2020); Voltami (2022). Sempre per Il Maestrale sono usciti i racconti Ogni madre (2012) e le due raccolte poetiche: Per assassinarvi-Piacere siamo spettri (2016); E adesso chiediti perché sei rimasta sola (2021)
Fabrizio Pinna è nato a Cagliari nel 1983 e cresciuto a Serramanna. Alessandra Cossu è nata a Cagliari nel 1989 e cresciuta a Elmas. Conosciutisi sei anni fa grazie alle loro passioni condivise (speleologia e fotografia), decidono di raccontare insieme attraverso i social le meraviglie meno note della Sardegna dedicando ogni loro risorsa alla documentazione fotografica e alla valorizzazione dell’immenso patrimonio paesaggistico e archeologico dell’Isola. Il successo dei post, con milioni di visualizzazioni mensili, ha portato per entrambi diverse collaborazioni importanti a livello internazionale. Tra le principali Nikon, Lg e Oppo, nel campo fotografico.
Archeologo
TELEMACO MURGIA, è stato tra i pionieri della mountain bike in Sardegna. Guida Escursionistica, Esperto di Turismo Attivo RAS e Maestro di Mountain Bike AMI, è il fondatore del Centro Sport Outdoor Mediterranea Adventure e della Scuola Nazionale Adventure Sport Italia. Si occupa di outdoor tra formazione, accompagnamento e progettazione di prodotti e servizi turistici in Sardegna e all’estero. Più volte protagonista di imprese estreme, rappresenta l’Italia in competizioni Internazionali di Adventure Race con i team Adventure Inside e Freemind Italia. Per Imago ha curato il volume T-Track. In Mountain bike nel cuore della Sardegna (2017)
Werner Bischof (Zurigo, 26 aprile 1916 – Trujillo, 16 maggio 1954) è stato un fotografo svizzero.
Uno tra i più famosi fotoreporter del XX secolo, ed uno dei primi, a due anni della sua fondazione a far parte già nel 1949 dell'agenzia internazionale Magnum Photos.
Werner nasce a Zurigo in Svizzera. Il padre, un importante e abbiente imprenditore, desidera anche per il figlio una carriera dedita agli affari. Ma gli interessi del figlio sono rivolte al mondo dell'arte e convince il padre ad iscriverlo già a sedici anni alla Scuola di Arti Applicate di Zurigo[2]. Dopo solo quattro anni, ovvero dopo il diploma, aprirà uno studio di fotografia di moda e pubblicità. Dopo una parentesi a Parigi, rientrò in Svizzera nel 1939 per servire nell'esercito. In questo periodo si dedicò alla fotografia naturalistica e nel 1942 pubblicò i suoi primi scatti nel mensile svizzero Du.
Finita la guerra, nell'autunno del 1945 viaggiò in Germania, Francia e Paesi Bassi e rimase profondamente toccato dallo sfacelo che incontrò. Da allora, la sofferenza umana divenne il suo principale interesse fotografico.
Nel 1948 seguì per Time i Giochi olimpici invernali di Sankt Moritz, mentre i suoi reportage fotografici furono pubblicati l'anno seguente da Life. Sempre nel 1949 entrò a far parte della neocostituita Agenzia Magnum. Nel 1951 si recò nel Medio (carestia nel Bihar) ed Estremo Oriente. Nel 1953 finalmente poté affrontare il viaggio attraverso tutto il continente americano che aveva pianificato da tempo, ma solo un anno dopo, il 16 maggio 1954, trovò la morte in un incidente automobilistico nelle Ande peruviane.
János Reismann ( 8 luglio 1905 in Ungheria – 2 maggio 1976 a Szombathely , Ungheria) è stato un fotografo e giornalista ungherese . Ha lavorato per diverse riviste, principalmente in Francia , Unione Sovietica e Ungheria, ed è autore di diversi libri fotografici.
Reismann proveniva da una famiglia ebrea. Suo padre era Adolf Reismann, direttore della scuola di ostetricia di Szombathely, e sua sorella era Marian Reismann, nota anche come fotografa.
János Reismann non fu ammesso all'università a causa di un numero chiuso e ottenne un posto di insegnante presso la Lombard Bank, poi presso la Continental Vaskereskedelmi Rt. (Continental Hardware Inc.) a Pest. Nel maggio del 1925 si recò a Parigi per iscriversi all'Università della Sorbona , ma invece divenne assistente del fotografo americano Peter Powel e trascorse il suo tempo nei caffè degli artisti di Montparnasse. Nel marzo 1927 accettò l'invito del fotografo Schneider e si trasferì a Berlino. Nel 1928 completò il corso di macchina fotografica presso lo State College for Photo Technology di Berlino.
Dal 1929 lavorò a Berlino per l' Arbeiter Illustrierte Zeitung (AIZ) insieme a John Heartfield , Erwin Piscator e Umbo (Otto Umbehr). Fu anche membro del collettivo pubblicitario di breve durata "UFRA" insieme a P. Urban e Hans Franke. A Berlino conosce anche la costumista tedesca Sylta Busse, entrambi presto sposati. Nel 1931 Heartfield organizzò una mostra del suo lavoro a Mosca, dopodiché anche Reismann andò a Mosca e vi rimase il più a lungo possibile. Ha trascorso sette anni come fotoreporter in Unione Sovietica. Fu impiegato dalla SSR Na Strojke, Sojusfoto e Ogonyok, ma dal 1932 fornì principalmente immagini all'AIZ. Nel febbraio 1938 il suo permesso di soggiorno non fu rinnovato. Questo rifiuto e la successiva emigrazione molto probabilmente gli salvarono la vita, mentre molti dei suoi colleghi caddero vittime delle purghe staliniste.
Tornò a Parigi e vi rimase fino al 1945. Reismann lavorò per Regards, guadagnandosi da vivere con lavori saltuari come ritocco e servizi tecnici, per i quali utilizzò i laboratori dei suoi amici Brassaï e Robert CapaUsato. Dall'autunno del 1942 pubblica la rivista clandestina del partito "d'Information". Nel 1945 tornò in Ungheria con il primo gruppo di partito passando per l'Italia e la Jugoslavia. Qui produsse reportage per la sezione fotografica di Szabad Ember (Free People), dall'ottobre 1945 lavorò per la rivista Zukunft, che lo mandò a Parigi come reporter a dicembre. Nel gennaio 1948 soggiorna come fotografo presso l'ufficio stampa dell'ambasciata ungherese. Nel maggio 1949 divenne capo dell'ufficio stampa e addetto culturale dell'ambasciata. Ha poi esposto alla Casa della Cultura di Roma , insieme a Robert Capa e David Seymour .
La sua carriera era appena iniziata per la seconda volta quando fu arrestato nel settembre 1949 in connessione con il processo Rajk e condannato all'ergastolo con accuse inventate. Dopo cinque anni, nell'agosto del 1954, Reismann fu riabilitato; ma un mese dopo espulso dal partito perché non potevano più essere sicuri della sua lealtà. Tra il 1954 e il 1956 ha lavorato per la rivista "Pace e Libertà", nel dicembre 1956 è passato all'"Interesting Journal". Ha fotografato e curato diversi libri fotografici e libri illustrati per editori ungheresi e tedeschi, principalmente sui paesi del Mediterraneo (es. Italia, Sardegna). Nel 1960 torna in patria e continua a lavorare per diverse riviste illustrate. Morì nel 1976.
Franco Pinna (La Maddalena, 29 luglio 1925 – Roma, 2 aprile 1978) è stato un fotografo italiano, uno dei principali rappresentanti del neorealismo. Ha quasi esclusivamente lavorato in bianco e nero.
I suoi esordi, dopo una breve esperienza come operatore di cinedocumentari, avvengono nel 1952 in parallelo a un'intensa militanza politica nel Partito Comunista Italiano, dal quale fuoriesce nel 1956 per protesta contro i fatti d'Ungheria.
Nel 1952 con Plinio De Martiis, Caio Mario Garrubba, Nicola Sansone e Pablo Volta costituisce la Cooperativa Fotografi Associati, ispirata al modello internazionale della famosa Agenzia Magnum[1]. La cooperativa fu sciolta nel 1954 a causa di difficoltà economiche[2]. Sempre in quegli anni aveva seguito l'antropologo Ernesto De Martino nel corso di diverse spedizioni di ricerca in meridione (Lucania, 1952, 1956, 1959; Salento 1959), ottenendone documentazioni di grande valore artistico e culturale. Nel 1959 pubblica il suo primo fotolibro, La Sila, a cui fa seguito Sardegna una civiltà di pietra (1961). Le sue foto appaiono sulle riviste Life, Stern, Sunday Times, Vogue, Paris Match, Epoca, L'Espresso, Panorama.
Pinna diventa fotografo di fiducia di Federico Fellini e realizza le foto di scena dei suoi film da Giulietta degli spiriti, 1965, fino a Casanova nel 1976; pubblica alcuni fotolibri (I Clowns, Fellini's Film) ispirati ai suoi film. La morte improvvisa gli impedisce di concludere il progetto Itinerari emiliani, cominciato nel 1976.
È considerato «uno dei più importanti fotografi italiani del XX secolo», esponente della fotografia neorealista. Con lo pseudonimo Pat Monterosso, inoltre, fu fotografo di guerra documentando la guerra in Russia nella seconda guerra mondiale. Il Fondo delle sue fotografie considerato «di impronta socio-antropologica» e consistente in più di 700.000 scatti, è conservato presso il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo.
«Sensibile e colto narratore, testimone puntuale della società italiana, Federico Patellani, grande maestro del reportage classico e uno degli autori che maggiormente hanno contribuito a definire l'identità della fotografia italiana anche sul piano internazionale, ha raccontato con linguaggio non retorico il Paese del dopoguerra, la ripresa economica, le industrie, la moda, il costume, la vita culturale. [...] un fotografo di classe. Un fotogiornalista speciale [...]»